Nel tratto terminale della salita in funivia si costeggia la Cengia Martini, a 2400 m ca., un gradone roccioso sulla parete sud del Piccolo Lagazuoi, intitolata al comandante degli alpini Ettore Martini che il 20 ottobre 1915 riuscì ad espugnare con il suo plotone questa importante postazione incuneata tra le truppe austriache, mantenuta per ben due anni, fino alla ritirata dopo la disfatta italiana di Caporetto.
Sulla parete della montagna si possono chiaramente vedere le aperture della galleria di mina italiana, un tunnel a spirale lungo più di 1000 m che gli alpini scavarono, procedendo dal basso verso l’alto, e che fecero esplodere nel giugno 1917 al di sotto delle postazioni austriache saldamente attestate sul Piccolo Lagazuoi.
Nell’impossibilità di scontri diretti, infatti, i due eserciti, arroccati sulle scoscese pareti di questa aspra montagna, adottarono la tattica di scavare gallerie ravvicinate all’interno della montagna per poi farle esplodere con potenti cariche di mine.
La galleria degli alpini è stata rimessa in uso. Il percorso è molto ripido e nonostante sia dovutamente attrezzato, non è consigliabile con bambini piccoli.
In poco meno di tre minuti eccoci arrivati alla stazione a monte della funivia, da dove si raggiunge il vicino rifugio Lagazuoi, straordinario balcone panoramico sulle vette dolomitiche.
D’obbligo una sosta per ammirare l’incredibile panorama a tutto tondo dall’Averau, Cinque Torri, Tofane alla Cima Fanis e Scotoni, fino ai più lontani profili della Marmolada, del Gruppo del Sella e del Puez-Odle.
Dal Rifugio Lagazuoi (2752 m) si inizia a scendere lungo il sentiero n. 20 che attraversa un’imponente conca detritica in uno stupefacente scenario lunare, fino ad arrivare alla Forcella Lagazuoi (2573 m), da dove si gode di uno stupendo panorama sul Vallon Lagazuoi e sulle montagne circostanti.
I resti delle postazioni austriache, che ricordano tristi pagine di storia ed i sacrifici di tanti uomini, in uno scenario così magnifico e grandioso, possono sembrane, agli occhi di un bambino, le rovine del palazzo del leggendario re delle montagne, il Re Laurino, mentre le gallerie di guerra ricordano quelle scavate dal suo popolo di nani alla ricerca di oro, argento e cristalli.
Il sentiero prosegue sempre in discesa tra massi e detriti calcarei alla base delle magnifiche pareti del Grande Lagazuoi e del gruppo del Fanis quando, improvvisamente, dopo tanta arida roccia, in una piccola depressione, appare uno specchio azzurro sul quale si riflettono le pareti rosa delle montagne circostanti.
E’il laghetto alpino di Lagazuoi (2182 m), sotto la parete della Cima Scotoni, sul versante meridionale del Gruppo di Fanis, una visione incantevole tra verdi macchie di pino mugo che punteggiano il terreno roccioso.
E’ talmente piccolo e nascosto che viene da raccontare ad un bambino che si è formato con le lacrime del gigante della montagna che aveva smarrito sua figlia tra quelle vette (Il racconto prosegue a vostra fantasia!).
Nelle giornate più calde il posto brulica di escursionisti: i più temerari si lasciano tentare da un bagno da brivido nelle sue acque (effetto domenica al mare!). Noi preferiamo fare solo una breve sosta per osservare gli scalatori impegnati lungo le pareti a picco della Cima Scotoni che sovrasta il laghetto.
Da questo punto si intercetta il sentiero 20B lungo l’Alta via n 1 delle Dolomiti (dal Lago di Braies a Belluno) che in questo tratto collega il Rifugio Fanes al Rifugio Lagazuoi.
Tra le fessure delle rocce fa capolino qualche tenero fiore violaceo (il raponzolo di roccia) un miracolo della natura adattatosi a queste difficili condizioni.
Riprendiamo il cammino lungo il sentiero 20, in questo tratto piuttosto ripido ed accidentato, ma siamo ripagati da uno spettacolo stupendo, sovrastati dalle pareti incombenti della Cima del Lago e con la magnifica visuale della conca erbosa in cui si trova il Rifugio Scotoni (1985 m), incorniciata da torrioni di roccia.
Lungo il ripido canalone lo sguardo passa in prospettiva dal bianco abbagliante del sentiero pietroso, al verde intenso dei pini mughi lungo i versanti della montagna fino al verde brillante del prato che circonda il rifugio.
Alla fine della discesa merita una sosta e una visita la graziosa cappella in legno costruita per commemorare i caduti della guerra.
Poi al rifugio per la desiderata sosta gastronomica e, prima di ripartire, che bel gioco accarezzare le mucche sul prato!