Arrivato a Domegge, guardo il Cridola che si erge selvaggio a sinistra e, sullo sfondo di Val Talagona, allineate all’orizzonte le punte acuminate degli Spalti, che bucano il cielo terso del primo mattino.
Sono le 7.15; parcheggio in prossimità del Rifugio Padova. Zaino in spalla e via per il sentiero, verso Forcella Segnata.
Un'ora di salita. Una sudata infinita. Continuo a salire il conoide di sassi malfermi per portarmi all'imbocco del canalone ancora ostruito dalla neve. Ci si potrebbe quasi avventurare solo con l’aiuto dei bastoncini. Invece, per sicurezza, infilo i ramponi.
Dopo neanche 50 m, i bollini rossi sulla roccia mi invitano a deviare dx. Mi tolgo i ramponi ed arrampico per buona e solida roccia, niente di difficile. Ancora deviazione a sx, continuo a salire per un'altra ora e mezza. Ora intravedo l’uscita. Alle 10.00 circa sono in forcella, 2200 m. Mi guardo in giro. Una foto ad un solitario papavero di montagna, sbocciato tra gli sfasciumi delle rocce, proprio sulla sommità di Forcella Segnata. Giro subito sulla cengia a sinistra di Cima Toro, e mi trovo come affacciato da un balcone ad osservare giù Val Montanaia e il famoso Campanile. Che spettacolo! Guardo in giro, ammiro, e mi riposo. Sotto di me un bel prato verde smeraldo e, nel mezzo, rosso bordeaux, il Bivacco Peruggini. Sul lato destro, solitario, al centro della valle, il Campanile: “l’urlo del diavolo pietrificato” che stupisce fino a togliere il fiato.
Davanti: Cima Meluzzo, Croda Cimoliana e Cima Monfalconi di Montanaia m. 2548. Mi fermo qualche istante a guardare Forcella Montanaia che dovrò scavalcare al ritorno. Poi Cima Both, Cima Emilia, Forcella Giumelli e, ... il mio balcone. C'è da stare a bocca aperta e, per qualche istante, il pensiero si tramuta in riconoscente preghiera a Dio che ci ha donato tanta bellezza.
Seduto sull’erba, comincio a sbocconcellare un panino; un po' di vino e, ...uno schiocco con la lingua, - quello che di solito fanno gli ubriaconi dopo una bevuta - per far sapere intorno, anche a quel “demonio”, ch'è proprio buono. Dicevo, il vino! Venti minuti di riposo e di foto, poi, zaino di nuovo in spalla, e via su, verso Forcella Montanaia. Trecento metri di salita per un ghiaione malfermo. Guadagnata la sella, un'occhiata: Le Marmarole e il Cridola mi chiudono l’orizzonte. Giù in basso, selvaggia, la Val d'Arade e il ripido canalone per il quale tra poco dovrò avventurarmi per raggiungere il Rifugio Padova, più in fondo Domegge. Mi giro. Un saluto e l’ultima foto al maestoso monolite, un tesoro custodito nello scrigno di Val Montanaia e poi, via giù, sciando, quasi volando, sopra il ghiaione. In una quindicina di minuti sono giù in Val d’Arade, a guardare ammirato il ripido canalone per il quale sono appena disceso. Mi guardo intorno e in fondo, alla mia sinistra, distinguo le sagome della Civetta, del Pelmo e dell'Antelao. Mormoro tra i denti: “Ve go fato tuti porca troia! … e miga na volta sola!” Sto li a contare: Antelao due volte, Pelmo tre volte, Civetta sei volte. No, la Civetta molte di più, forse anche una decina. Mi volto, e torno a guardare su in alto il ghiaione di discesa. Da sotto sembrerebbe impossibile. Poi, lentamente, mi avvio verso il Rifugio Padova, felice e soddisfatto: Campanile mio stavolta t'ho immortalato!.
Testo e immagini di Mario BERTO - Conselve (Padova)